Francesco Castelli – Borromini –
Nato a Bissone – Lugano nel 1599
Morto a Roma il 3 Agosto 1667
Sepolto a S. Giovanni de’ Fiorentini
Molte categorie dello stile – linguaggio di Borromini sono ormai analizzate in profondità con l’orecchio pronto alle seduzioni della scienza medica contemporanea e alla riconosciuta necessità delle anamnesi attraverso l’indagine biografica.
Di tanti che hanno scritto, Paolo Portoghesi è il più acuto e attrezzato osservatore, avendo utilizzato anche il mezzo fotografico come sistema di confronto e di documentazione.
La decrepita contrapposizione Bernini – Borromini non ha senso, data la qualità storica e naturalistica di quello e la tremenda disciplina carica di tensione e di simbolismo di questi, la forza espansiva e centrifuga dell’uno e la violenza visionaria e centripeta dell’altro.
Se solo per dieci anni si rinunciasse a parlare di Borromini come di un campione del Barocco romano si capirebbe meglio che la sua essenza è piuttosto ascrivibile a un neo-manierismo architettonico e morale. La sua assunzione del cognomen “Borromini”, come omaggio a Carlo Borromeo, già indirizza all’ascetismo e alla malinconia della controriforma, come “cupio dissolvi” come “tedium vitae”. Addio cani celesti di Piero, addio tempio degli umanisti di Leon Battista; Hypnerotomachia di Aldo; Biblioteca Malatestiana di Cesena, addio; addio Pico e Lorenzo Valla, Lucrezia, sacra cortigiana vaticana, addio, Palazzo delle cortesie di Baldesar a Urbino, addio; Josquin adieu.
Chi comincia a parlare di Borromini non la finirebbe mai, tanta è la affinità di un uomo contemporaneo con l’angoscia ancora irrisolta dalla implacata “eresia” di Michelangelo e di Vittoria Colonna e di Giulia Gonzaga e dal 1527, anno dell’inizio dello stupro di Roma e del terremoto che frantumava tutte le certezze acquisite, di cui ancora permangono le scosse di assestamento. Borromini è una vittima non del suo ma del nostro tempo. La sua tragedia esistenziale è la nostra.. Per questa simbiosi – osmos è essenziale conoscerlo: per la nostra salvezza.
Caposaldo del carattere architettonico è la figura retorica dell’antitesi. Non si parla di ossimoro, che è una forma immaginaria di antitesi. Non l’antagonismo del verticale e dell’orizzontale, non il concavo e il convesso, contenuto nei giudizi sommari mistilinei di Francesco Milizia. La antitesi della sostanza del pensiero presente in S. Carlino: alla chiesa superiore Borromini contrappone, come equilibrio di forze, la chiesa inferiore come origine e aurora della architettura senza alcuna decorazione, coniugio sessile eterno di Zenit e di Nadir, di accordo e diapason di poli contrapposti, come moltiplicazione – prodotto e alleanza di due energie inconciliabili.
E finché passeremo davanti al Bosco Parrasio senza percepire la folgore nascosta dall’alto muro di S. Maria dei Sette Dolori, Borromini resterà, fino a quando, un continente inesplorato.
Giuseppe Agostini Kantor
Aula magna – Università di Roma la Sapienza – 2009