I criteri di lettura del “Magnificat” sono innumerevoli. Qui si adotta quello consequenziale fra estasi e fecondità con riferimento evidente al momento della Annunciazione e alla sua misteriosa conseguenza, il concepimento senza peccato.
In ogni rappresentazione della Annunciazione la Madonna è pronta a superare i limiti della sua umanità con la costante meditazione espressa dall’Enchyridion, il libro nelle sue mani. Anche la sua confidenza con la concettualità della patristica o, più precisamente, con la frequenza della divina dottrina dei profeti, la avvicina alla dignità senza pari della vocazione del Verbo.
Da qui deriva necessariamente la sua fertilità. L’angelo irrompe senza preavviso nella sua vita con ali di sparviero, anche se sono multicolori come nelle Annunciazioni dell’Angelico. Ma nessuna iconografia è paragonabile alla violenta soavità dell’angelo e al consenso di Maria che si solleva nella sua già ricolma pregnanza, facendo stramazzare lo sgabello della sua lettura, così come sono rappresentati tali gesti nella dialettica concitazione della Annunciazione di Francesco Mochi, a Orvieto.
La rivelazione della maternità ricerca e celebra altre maternità, come nella visita a Elisabetta. Maria che accetta di concepire l’Eterno che non può essere creato (…generato, non creato, della stessa natura del Padre…) acquisisce la statura profetica di rendere grande, di aumentare oltre il confine teologico la grandezza del Creatore. Tautologia senza nome: “Magnificat anima mea Dominum”; “Magnum-facere” è l’esultanza che si innalza capace di elevare la magnitudo divina (chi scrive si concede alcune licenze), laetatio, laetitia gestiens.
Tali aspetti, nei diversi stili musicali, il Coro Saraceni si propone di indagare nella interpretazione dei tre “Magnificat” proposti ad Amalfi.
Lepìnus philòmelos
Cattedrale Amalfi – 2008